Durante la visita a Palermo del Gran Maestre, la mayor parte del empleo del tiempo estuvo consagrado a encuentros con entidades asistenciales y benéficas de la antigua capital del Reino de Sicilia.
El viernes 19 de mayo S.A.R. El Gran Maestre visitó la Antica e Nobile Compagnia della Pace, recibido por su Gobernador, el Marqués Narcisio Salvo di Pietraganzili (gran cruz de Justicia de la Orden) y por otros miembros del Gobierno de la Compañía. Esta institución formada por laicos se remonta al siglo XVI, mantiene su vocación benéfica y religiosa.
Storia della Compagnia della Pace
La Compagnia di Santa Maria della Consolazione, detta della Pace fu fondata il 22 Maggio del 1580. Quattro anni prima, ad opera di Vincenzo Tagliavia ed Aragona fratello di Pietro, Cardinale di Palermo, era stata fondata la Compagnia del nome di Gesù Cristo detta in seguito dei Verdi per il cingolo, insegne e mantello di tale colore che i Confrati sovrapponevano al sacco (Vedi: Mongitore, Ms. Biblioteca Comunale); tale Compagnia “elemosinava” per i fanciulli orfani del Colleggio di San Rocco, e accompagnava i frati di Santa Cita nella processione che si faceva nella seconda domenica d’ogni mese. La sua sede esistente accanto al Convento di Santa Cita fu demolita nel 1851. Di seguito tra i fratelli di questa erano insorte delle questioni che non si potettero derimere quindi alcuni di essi abbandonarono la Compagnia e si proposero di fondarne una nuova che, vista la situazione della precedente, si propose lo scopo di riappacificare gli animi in eventuali contese che sarebbero insorte quindi da ciò il nome di Compagnia della Pace. I fondatori furono: Melchiorre la Manchiusa, Pietro la Brunetta, Cesare Lazzara dottore in Legge, Ottavio Bisso, Giuseppe Lo Jacono, Marco La Cava Vescovo di Mazara, Aurelio Malagamma, Bartolomeo Rosso, e Vincenzo Ricca. La prima sede della Compagnia fu nella Sagrestia della Parrocchia di Santa Margherita; in seguito passarono nella Chiesa di Sant’Angelo, nel quartiere Conceria, e finalmente, nel 1584 (dice Vincenzo La Farina Barone d’Aspromonte) o nel 1587 (dice Fra Gravina e Giardina) nella Chiesa di Santa Venera, esistente a Porta Termine, che ottennero, con decreto del Senato, nel 1587. A Santa Venera, già Patrona della città di Palermo sin dal 1493, fu edificata una Chiesa presso il Monastero di Sant’Antonino per ordine del Senato palermitano. Essa ridotta dal Viceré De Vega a lazzaretto, venne restaurata sotto il Viceré Marcantonio Colonna Duca di Tagliacozzo, e restituita al culto dei fedeli.
Dopo questo passaggio la Compagnia vide infoltire le sue fila, infatti molti Nobili ne entrarono a far parte fra tanti: Don Vincenzo Branciforte, Garsia Mastrilli, Regio Consigliere, Antonio Moncada, Duca di Montalto, ed altri, e tutti facevano a gara con le Compagnie dei Bianchi e della Carità.
Accresciuto il numero dei fratelli e considerata la sede non confacente alla nobiltà della Compagnia si pensò di trasferirla presso i bastioni di Porta Termine. Il Vicerè dell’epoca, Don Luigi Moncada, Principe di Paternò, e fratello della Compagnia, ottenne dal Senato una porzione di detto baluardo, in seguito Don Giovanni Enriquez de Cabrera Conte di Modica, Grande Almirante di Castiglia, anche lui fratello, fece atto di dispensa al Senato che nella prima vacanza di Capitano di detto baluardo succedesse in perpetuo il Governatore della Compagnia; fu così che, nel 1646, morto il Capitano Colnago, il Governatore Aloisio Ventimiglia, con testamento del 7 Settembre 1646, si installò quale Capitano, e per tale carica nella processione del Corpo del Signore. Il Governatore cingeva sul sacco una spada a simbolo dell’autorità conferitagli dal Senato. Il Viceré Duca d’Ossuna gli accordò i privilegi con dispaccio del 7 Luglio dello stesso anno. Il 4 settembre del 1657, col permesso di Martino Redin, Luogotenente Generale del Regno si gettò la prima pietra per la ricostruenda sede della Compagnia; era Governatore della Compagnia Don Giovanni Ventimiglia, Marchese di Geraci. La costruzione durò quattro anni, con il permesso dell’Arcivescovo di Palermo, Don Pietro Carillo benedì l’Oratorio. Questo era uno dei più magnifici Oratorii della città. Dalla parte esterna si saliva per una scala scoperta con gradi e balaustra di marmo bigio. La porta, e la scala interna dello stesso marmo furono fatte nel 1660 da Don Paolo Paganetto, confrate, ed in memoria della sua benemerenza si leggeva sopra la porta dalla parte interna questa iscrizione: “D.O.M. ad ingressum janua, ad ascensum gradus foris et intus magnifice erecti, atrium et viridarium optime compositum ad majorem hujus augustissimi Pacis Sacrarii decorem, liberalitati et munificentiae D. Pauli Paganetti ita debentur, sodali benemerenti marmor hoc D. Joannes Baptiste Maglioli, et D. Bernardinus Masbel totius operis Praefecti ad perpetuam memoriam, annuente societate, posuere anno 1660”.
La facciata era magnifica, e grandiosa con artificiosi intagli, sporti, cornici, ed altri ornamenti di marmo bianco: nel mezzo era una nicchia con la statua dell’Immacolata Concezione, ed in altre due laterali quelle di Santa Rosalia, e di Santa Venera, tutte e tre di marmo bianco. Era stata terminata nel 1668 a spese di Don Giacomo Bonanno, Principe di Roccafiorita, Superiore della Compagnia; anche qui vi era un’iscrizione: “Augustissimum hunc Pacis prospectus incisit lapidibus exornatum magnificentia D. Jacobi Bonanno, Principis Roccae Floridae, et Montis Albani Ducis, societatem ipsam gubernantis erectum, perfectum anno salutis et pacis 1668”.
La parte inferiore della facciata più vicina alla porta, come anche i fianchi erano stati con altri ornamenti abbelliti da Don Domenico Barzellini, Marchese di Analista nel 1724, nel tempo che era Governatore. L’Oratorio era tutto ornato di stucchi dorati, l’altare dentro il Cappellone era in marmi di diversi colori. Vi erano più cameroni, e in due di questi si vedeva distribuita l’intera serie cronologica di tutti i superiori dal principio della Fondazione. Avendo questa Compagnia per suo principale istituto lo sdradicare gli odii tra gli uomini, godeva il privilegio concessole il 9 giugno 1616 dal Vicerè Don Pietro Giron, Duca d’Ossuna, confrate, che ogni riappacificazione dei fratelli concordata s’intendeva stabilita sotto il “verbo Regio”. Tale privilegio fu confermato da altri Vicerè, anzi si estese per tutto il Regno, per godimento anche di altre Compagnie quali quella della Pace di Catania; lo stesso fu confermato da Re Carlo II nel 1676.
La Compagnia tra le altre cose, il Giovedì Santo andava con il suo Superiore, col Maestro di Cerimonie, sagrestani, e almeno dieci fratelli all’Ospedale di San Giacomo e lavavano i piedi agli infermi. Nei giorni precedenti il Natale e la Pasqua quattro fratelli vestiti di sacco, due secolari, e due ecclesiastici, andavano per le piazze della città ed esortavano il popolo alla pace con il prossimo, anzi pregavano coloro che erano al corrente di liti di dirlo ai Superiori della Compagnia al fine di trarre aiuto per la riconciliazione. Il 4 marzo del 1739 tra i fratelli che fecero questo esercizio vi era l’Arcivescovo di Palermo Don Domenico Rosso che predicò nella piazza della “Bocceria”.
Della Compagnia facevano parte tutti i Vicerè di Sicilia e gli Arcivescovi di Palermo, chiunque di nobile famiglia, che non era iscritto, doveva dar prova della sua Nobiltà. Gli ecclesiastici dovevano dar prova di probità e di indubbia dottrina.
L’abito dei fratelli era un sacco, visiera e mantello di tela cruda, cappello foderato della stessa tela, cordone di lino bianco e corona di dieci di osso bianco pendente dal fianco sinistro. L’impresa che portavano attaccata alla visiera era una croce sul Calvario, entro la quale stava scritto: “Pacem meam do vobis, pacem meam relinquo vobis”. La festa della Compagnia era la Domenica in Albis.