La festa liturgica dell’Esaltazione della Santa Croce, che è una delle due ricorrenze solenni del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio – essendo l’altra dedicata al Patrone San Giorgio, che viene celebrata con il solenne Pontificale – è stata ricordata dalla Delegazione di Napoli e Campania con una solenne Celebrazione Eucaristica tenutasi nella Cappella Magistrale di San Giuseppe dei Nudi e officiata dal Cappellano della Cappella Magistrale Don Vincenzo Vollero, con la partecipazione di un nutrito gruppo di Cavalieri, Dame e Postulanti, nonostante la ricorrenza sia caduta in un giorno feriale.
Nella sua omelia, il celebrante ha toccato gli aspetti sia storici che teologici che sono peculiari della festa dell’Esaltazione della Santa Croce. Don Vincenzo ha rievocato l’episodio storico del ritrovamento di parte della Vera Croce, il palo verticale, compiuto da Sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino – e qui troviamo il primo legame imprescindibile con la connotazione dell’Ordine Costantiniano – che lo rinvenne il 14 settembre 326, proprio al di sotto del Santo Sepolcro, sito che tutt’ora si può visitare e toccare in ogni pellegrinaggio in Terra Santa. La connotazione con l’Ordine Costantiniano viene completata dall’apparizione del Sacro Simbolo della Redenzione a Costantino, alla vigilia della battaglia di Ponte Milvio. Infine, un duplice elemento teologico attinente alla Santa Croce, che il celebrante ha posto in evidenza nella sua omelia, è che la conformazione stessa della Croce – che era lo strumento di supplizio per i cristiani più utilizzato dagli antichi romani – richiama un gesto di elevazione verso l’alto, come quello che compì Mosè con il serpente per scacciare gli altri rettili, mentre la Croce di Cristo ci testimonia come, prima di salire nell’Alto dei Cieli – palo verticale – il Redentore ha abbracciato l’umanità tutta – braccio orizzontale.
Alla termine della Celebrazione, dopo la recita della Preghiera del Cavaliere Costantiniano da parte del Delegato il Nob. Manuel de Goyzueta dei Marchesi di Toverena, Cavaliere di Giustizia, Don Vincenzo Vollero ha impartito agli astanti la solenne benedizione con una preziosa reliquia: una stauroteca contente alcuni frammenti della Vera Croce e appartenente al Real Monte e Arciconfraternita di San Giuseppe dell’Opera di Vestire i Nudi.
Su tale preziosa reliquia il Segretario Generale, Ing. Gionata Barbieri, Cavaliere di Merito P.A., si è soffermato illustrandone l’origine storica. Si tratta di un reperto di estremo interesse e significato, come viene spiegato nella Nota sulla reliquia che segue, redatta dal Real Monte e Arciconfraternita di San Giuseppe dell’Opera di Vestire i Nudi.
Infine, il Cav. Avv. Raffaele Gaetano Crisileo ha fatto dono ad alcuni membri della Delegazione di un suo libro specialistico, con la Prefazione dell’Arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, O.F.M., Amministratore apostolico del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini. Nel suo volume, di recentissima pubblicazione, partendo da casi di cronaca giudiziaria analizza con profondità questioni criminologiche ma lasciando anche spazio al desiderio di redenzione nella Fede ricercato dai protagonisti del volume, proprio nello spirito dell’Esaltazione della Santa Croce.
La Stauroteca ed il “Sacro Legno” del Real Monte ed Arciconfraternita di San Giuseppe dell’Opera di Vestire i Nudi Presso il Real Monte ed Arciconfraternita di San Giuseppe dell’Opera di Vestire i Nudi, tra tanti, è conservato un prezioso reliquiario in rame dorato con finiture d’argento contenente alcuni frammenti della Vera Croce lignea di N.S. Gesù Cristo, ossia una stauroteca. La Croce sulla quale fu crocifisso il Cristo è nota nella storia anche con la terminologia alternativa di Sacro Legno o Santa Croce e fu ritrovata, secondo le leggende tramandatesi nel tempo, intorno al secolo IV. Poco dopo il ritrovamento della Vera Crux furono da Essa asportati alcuni frammenti che nel corso dei secoli si sono diffusi nei luoghi più disparati della Cristianità, per soddisfare il desiderio e la vocazione dei Fedeli ad un contatto diretto con una testimonianza concreta della Passione di Gesù, atto prodromico alla Vittoria del Cristo sulla morte ed alla Sua Resurrezione.
Le poche stauroteche note sono state oggetti contesi nei tempi da parte di Pontefici, Sovrani, Ordini Religiosi, Cattedrali ed esponenti dell’Aristocrazia, ed anche quella conservata nel pio sodalizio napoletano ha una storia avvincente. Essa fu donata dal Barone Don Antonio Donnarumma, Signore Fratello e Benefattore di San Giuseppe dei Nudi, come parte del grande lascito destinato dal nobile all’Arciconfraternita. Infatti, “tutti i beni mobili, stabili, crediti, contanti, oggetti preziosi, esigenze, diritti, ragioni ed azioni” del Barone Donnarumma ebbero come destinatario ereditario universale il pio e regio sodalizio napoletano, così come disposto dal testamento del giorno 7 novembre 1829 affidato al Notaio Niccola Maria Maddalena, integrato poi con successive disposizioni nei giorni 10 novembre 1834 e 11 febbraio 1837. La religiosità e la posizione socio-economica, così come l’eredità, del Barone Donnarumma fu tale che egli richiese all’Arciconfraternita la celebrazione di ben due funerali commemorativi all’anno per sé stesso, da celebrarsi ogni semestre, in pompa magna, con messa cantata ed accompagnamento musicale delle opere del Maestro della Regia Cappella il Cavalier Don Giovanni Gregorio Cataldo Paisiello, celeberrimo compositore ed autore dell’“Inno al Re”, ossia l’inno nazionale del Regno delle Due Sicilie, o ancora della “Missa Solemnis” e del “Te Deum” usati per l’incoronazione di Napoleone Bonaparte nella cattedrale parigina di Notre-Dame. Tra le altre richieste avanzate alla pia congregazione vi fu anche la volontà di predisporre, dal suo lascito, doti da concedere a donzelle povere da maritare e rendite da garantire a “galantuomini oppressi dalla miseria e con famiglia numerosa”. Il testamento di Don Antonio Donnarumma fu aperto il giorno 18 marzo 1837, e tra i numerosi oggetti sacri e preziosi vi fu anche il “reliquiario d’altare” contenente il “Legno della Croce”, così come appurato, dopo il riconoscimento d’autorizzazione del Regio Giudice del Circondario Stella, da parte del Signore Fratello il Marchese Amati e dal fiscale dell’Arciconfraternita il Signor Donadio. Tutto ciò si evince dall’Inventario Storico Patrimoniale, dall’Inventario di tutti gli arredi Sacri ed altri oggetti mobili, e dall’Inventario eseguito nel 1831 con le Certificazioni del 1842. La donazione del Barone Donnarumma ha dunque grande importanza storica ed è testimonianza di profonda Fede sia nell’ambito del Real Monte ed Arciconfraternita di San Giuseppe dell’Opera di Vestire i Nudi, l’”arciconfraternita preferita” dei Borbone delle Due Sicilie, che nelle grandi vicende che riguardano la città di Napoli.