Ricerca storico-documentale per la Delegazione di Napoli e Campania
in occasione della solenne liturgia del 24 aprile 2021 in onore del Patrono San Giorgio Megalomartire in Napoli,
presso la Cappella Magistrale di San Giuseppe dei Nudi
Autore
Gionata Barbieri
Segretario Generale della Delegazione di Napoli e Campania
Negli ultimi cinque secoli il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio ha vissuto ed operato sotto il patronato e la favorevole titolarità del Santo Giorgio Megalomartire. In una fase storica così estesa è facile immaginare che diversi sono stati gli inni, le preghiere e le orazioni rivolti dai Gran Maestri e dai Cavalieri dell’Ordine verso San Giorgio. Uno di questi inni sarà ripreso e recitato, secondo le prestabilite disposizioni di cerimoniale ed in accordo con il Delegato, durante la solenne liturgia in onore di San Giorgio officiata presso la Cappella Magistrale dell’Ordine in Napoli, la Chiesa di San Giuseppe dei Nudi, sabato 24 aprile 2021.
L’inno di cui scrivo è stato di uso regolare da parte della Sacra Religione Costantiniana almeno dal 1853. Esso, nella forma qui trascritta, è quasi del tutto identico, salvo alcuni minimali cambiamenti, all’ “Inno a San Giulio”, componimento del 1751 ad opera del famoso poeta, librettista e presbitero Pietro Metastasio durante il suo soggiorno alla corte di Vienna. L’inno del Metastasio divenne molto noto in tutta Europa e fu particolarmente apprezzato dalla corte papale. Più in generale, nei temi e nei contenuti, l’inno sembra ispirarsi vagamente a carmi ed orazioni in lingua latina dedicati a San Giorgio e che sono da far risalire al secolo XV o al secolo XVII, in uso soprattutto nell’Italia centro-meridionale, in Francia e in Spagna. A quanto odiernamente mi consta questa versione dell’inno a San Giorgio fu particolarmente diffusa, e forse il riadattamento dalla versione del Metastasio avvenne dapprima in ambito geografico siciliano, mentre colui il quale maggiormente contribuì alla sua conoscenza fu certamente Don Antonino de Podio de Spucches, Duca di Caccamo, Principe di Galati, Gentiluomo della Chiave d’Oro, Cavaliere di Gran Croce ed Inquisitore Provinciale di Palermo dell’Ordine Costantiniano. Egli si premurò che l’inno fosse stampato, sovente a proprie spese, sia in opuscoli che documenti spurii nel corso di vari anni, e registrò più volte che esso fu cantato presso la Reale Chiesa Costantiniana della Magione in Palermo.
Certamente l’inno, secondo quanto dichiarato dal Duca di Caccamo, fu autorizzato dal Gran Priore dell’Ordine Costantiniano Monsignor Pietro Naselli e Alliata, C.O., Arcivescovo titolare di Nicosia. Questo inno fu comunque in uso in alcune occasioni del calendario liturgico legate all’Ordine Costantiniano anche a Napoli e, dopo la caduta del Regno delle Due Sicilie, a Roma. È particolarmente interessante notare una affinità con i giorni contemporanei, afflitti dalla pandemia di coronavirus: l’inno in questione sembrerebbe essere stato cantato in onore di San Giorgio anche per la cessazione dell’epidemia di colera nel 1854. Infine, questo inno a San Giorgio, benché identicamente intitolato, non è da confondere con quello cantato spesso durante i pontificali in onore del Santo protettore o alcune solennità dell’Ordine Costantiniano tra gli anni ’20 e ’40 del secolo XX, che ha una natura ed una origine eterogenea rispetto all’Ordine stesso, da individuarsi in ambito monastico e di evo rinascimentale. Di seguito la trascrizione del componimento.
INNO A SAN GIORGIO
Giorgio, splendor de’martiri,
Di morte sprezzator,
Speme, sostegno, amor
De’tuoi divoti:
Propizio ah tu dal Ciel
D’un popol fedel
Seconda i voti.
Tu che in età sì tenera
Eletto a guerreggiar,
Non abile a pugnar
Vincer sapesti:
Nel nostro imbelle cor
Parte del tuo valor
Fa che si desti.
Tu che per man del barbaro
Che teco incrudelì,
Sull’alba de’tuoi dì
Giungesti a sera,
Ne affretta a dar di fe’
Sull’orme del tuo piè
Prova sincera.
Tu che seguace ed emulo
De’prodi Maccabei
Conti fra’tuoi trofei
L’ira d’un empio.
Insegnane a soffrir;
Accendine a seguir
Sì grande esempio.
Tu che d’offrirti in vittima
Al sommo eterno Ben
D’Isacco avesti in sen
Tutto il desio;
Fa che ciascun di noi
Offra gli affetti suoi
Vittime a Dio.
Tu che d’Abello il merito
Potesti conseguir,
E vivere e morir
Sempre innocente,
Fa che de’tuoi candor
In noi sfavilli ognor
La brama ardente.
Tu che nel ciel t’illumini
A’rai del primo Ver,
E puoi per lui veder
D’ogni alma i moti,
Propizio ah tu dal ciel
D’un popol fedel
Seconda i voti.